Le intermittenze  della morte

 

 

AS INTERMITENCIAS DA MORTE

tratto dal romanzo omonimo di José Saramago

 

progetto e spettacolo

Itaca-Teatro (Italia)

Quinta Parede (Portogallo)

 

con

Marco Alotto

Sara Alzetta

Gianni Bissaca

  

disegno luci

Massimo Violato

 

elaborazione drammaturgica

 José Caldas/Gianni Bissaca

 

Regia/Encenação

José Caldas

 
 


Dichiara Saramago: …  il libro non è una riflessione filosofica o ontologica sulla morte. Il tono è ironico, sarcastico. Non è nemmeno un’ipotesi, è una situazione assurda. Se il lettore accetta la mia proposta organizzata, vi posso assicurare che tutto diventa implacabilmente logico

A partire da questa sorta di viatico si sviluppa l’idea di mettere in scena lo spettacolo, costruendo una drammaturgia che mantenga l’ironia del testo e ne conservi gli aspetti paradossali. 

Il tema della morte, unico costante e ineludibile in tutta la storia della filosofia e del pensiero umano, ci viene ultimamente sempre più proposto nella forma della comunicazione spettacolare: sia che riguardi la quotidiana cronaca cosiddetta nera, sia che abbia a che fare con grandi eventi naturali o umani, guerre, terremoti, crolli e stragi automobilistiche.

 
 

La morte in diretta, il cordoglio in primo piano, l’opinione a caldo … lo spettacolo della morte sembra essere sempre più al top delle classifiche e dello share mediatico.

Il rito funebre  è spesso scandito da applausi che lo riportano forzosamente a una dimensione di consenso e di rimozione del lutto, mentre la città contemporanea riduce il funerale ad una sorta di invisibilità, mero e ulteriore intralcio per il traffico convulso.

Accanto alla spettacolarizzazione della morte, e intimamente legato ad esso, vi è l’aspetto della sua valenza “politica”, allorquando si affrontino le questioni che la possano regolare e determinare, o che si mettano in gioco questioni etiche (il caso Englaro per tutti), obbligando la classe dirigente a praticare scelte che ne prevedano i tempi e i modi.

Tutto questo è rappresentato nel romanzo di Saramago in modo metaforico e visionario, con respiro non quotidiano ma poeticamente realistico, in grado di introdurre l’inquietudine eccezionale nell’avvicendarsi degli avvenimenti.

La realtà paradossale dell’assenza della morte è descritta con linguaggio picaresco e barocco, non disgiunto da un lirismo malinconico tipicamente lusitano.

Una vicenda assurda diventa credibile proprio perché vi sono elementi riconoscibili nella realtà nostra europea, sempre in bilico tra spiritualismo e laicità, tra radici cristiane e relativismo contemporaneo.

La nostra intenzione artistica sarà di trovare immagini potenti a partire dal testo e oltre il testo, ricreare una dimensione extra quotidiana ma allo stesso tempo riconducibile ad una realtà riconoscibile, trasporre in linguaggio di sintesi teatrale la scrittura barocca di Saramago.

In questa direzione la scelta del Circo come metafora della società a forte tasso di comunicazione, abitato da personaggi metafisici e visionari (il cane, la falce, la morte), creando dialogo tra queste realtà differenti, attraverso atmosfere teatrali create con musica e movimento.

Il mondo di Saramago è fatto di visibile e invisibile: si tratta di creare un linguaggio che giochi con leggerezza con i paradossi del testo, e che sia nello stesso tempo attraversato dalla forza della poesia, a testimonianza che sempre di gioco si tratta, ma tragicamente serio.

Perché la morte è logica, è naturale: ci appartiene. Viviamo per morire e non vivremmo se non morissimo. L’eternità paradossalmente sarebbe infinitamente peggiore.